Confiscato impero da 324 mln al gruppo Oliveri. I legali: «Errore giurisdizionale»

ROMA – Quote in 15 società, 88 immobili, 7 autoveicoli, 385 titoli comunitari – aiuti all’agricoltura che danno diritto a percepire dall’Agea la somma di circa 1,6 milioni di euro annui – e svariati conti correnti societari e personali: è il capitale, valutato 324 milioni, che la Dia di Reggio Calabria ha confiscato a Vincenzo Oliveri, 62 anni, noto imprenditore nel settore oleario con proiezioni di rilievo anche nel comparto alberghiero, in quello immobiliare e dei servizi, in Calabria (piana di Gioia Tauro e provincia di Catanzaro), in Abruzzo, a Mosciano, Giulianova e Pescara, e in Toscana. Vincenzo è fratello e socio in alcune società di Antonio Oliveri, ex presidente del Pescara calcio e genero del compianto Pietro Scibilia.

La confisca è stata disposta dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione in seguito ad una proposta di misura di prevenzione formulata dal direttore della Dia e in aderenza alle direttive impartite dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria in tema di aggressione ai patrimoni illeciti. Vincenzo Oliveri, figlio del defunto Matteo Giuseppe, è socio, insieme al fratello Antonio, in numerose iniziative imprenditoriali avviate sin dai primi anni ’80 e culminate con la costituzione di un vero e proprio impero imprenditoriale, il cosiddetto Gruppo Oliveri, le cui attività, partendo dal settore oleario, si sono diversificate nel tempo soprattutto in quello alberghiero di lusso (a Pescara il Carlton, a Mosciano il Villa Fiorita, a Giulianova il Grand Hotel Don Juan). 

In passato l’imprenditore è stato coinvolto in diversi procedimenti penali per reati associativi finalizzati alla commissione di truffe, frode in commercio, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, conclusi con la prescrizione o l’amnistia. Recentemente, hanno reso noto gli investigatori, è stato arrestato per associazione a delinquere, truffa aggravata ed altro, per l’indebita percezione di contributi erogati a favore di aziende facenti parte del suo gruppo. I giudici del Tribunale reggino hanno accolto la proposta di confisca fondando il provvedimento oltre che sulla sproporzione tra redditi dichiarati e percepiti, ma soprattutto sugli indizi sull’ingente patrimonio da lui accumulato nel tempo, considerato frutto di attività imprenditoriale illecita. Le aziende confiscate proseguiranno la loro attività con appositi amministratori giudiziari nominati dall’autorità giudiziaria.

""Nel caso di specie non si è trattato di misura di prevenzione patrimoniale applicata a soggetto ritenuto colluso con ambienti di ‘ndrangheta. La confisca disposta dal Tribunale di Reggio Calabria, è stata applicata nei confronti di soggetto cosiddetto ‘genericamente pericoloso’". E’ quanto affermano, in una dichiarazione congiunta, gli avvocati Giuseppe Fonte e Salvatore Staiano legali dell’imprenditore di Gioia Tauro destinatario della maxiconfisca per 324 milioni eseguita dalla Dia di Reggio Calabria. "La misura applicata, che riteniamo il risultato di un errore giurisdizionale – proseguono i due legali – attese le emergenze peritali acquisite agli atti del processo, saranno nei prossimi giorni impugnate in sede di appello".